Quest’è il mio percorso professionale:
da bimbo mi sognai cuoco o inventore
e dopo una carriera liceale
travagliata, la strada del dottore
in ingegneria, tenace, tentavo
quando m’accorsi, poi, con disonore,
che non se ne cavava alcun ricavo,
virai verso ateneo a me più affine.
Ed ivi i’ scoprii d’esser più bravo
dove lo studio è il mezzo e non il fine:
da Leonardo andai in quel della Bovisa
varcai del Poli l’interno confine
che facoltà ha da facoltà divisa.
E fu proprio lì, in quella di disegno
industriale che pianti al fine risa
divennero, e quasi fosse un segno
del destino che in vita fa irruzione
trovai chi, per capire un marchingegno
che dal corpo dell’uomo trae nozione,
e per caso era pure mio docente,
s’interessasse a me. La situazione
lesta si sviluppò sì che repente
io pria che fosse tempo della tesi
nel mio futuro ufficio fui sovente
a far ricerche, a studiar medie e pesi.
Finchè terminai del titolo caccia,
abbondonai facoltà da cui presi
l’amore pel progetto d’interfaccia,
l’approcciare problemi in ampia gamma,
proattività ed un pò di tosta faccia.
E poi l’elettroencefalogramma
mischiato a videooculografia
usai per studiar ciò che ogni programma
televisivo spezza perchè sia
pagato, ma non lo feci in eterno:
dal laboratorio un dì andai via
per Sesto di Milan lasciai l’inferno
ed entrai in un gruppo di lavoro
nel quale quelli che sono al suo interno
in sintonia, come fossero un coro,
progettano e sviluppano col cuore.
Che onore diventare uno di loro
e con essi inventar, produr valore.
Fortuna è lavorare con chi avanti,
oltre l’orizzonte, guarda: esser coautore
d’assistenti virtual, teste parlanti.
Certo non fu così fin dall’inizio
pria m’occupai di meno interessanti
progetti, come toglier qualche vizio
da siti che avean grafica imperfetta
ma ciò fu breve e prima del solstizio
era già terminata mia gavetta
e da scrittor di codice mutava
la professione mia, ma senza fretta
poiché faccia parlante ha da esser brava,
da aver o almeno fingere furbizia
così affiancai chi questa progettava
per me più che lavoro fu delizia
che ciò più che far codice è poetare
e chi mi fa poetar, si sa, mi vizia
come invitasse in barca chi ama il mare.
La società fu poi accondiscendente
il dì in cui mi misi a prototipare
per il collega oppur per il cliente
scrivendo rapido codice sporco
conscio del fatto che d’ogni sorgente
nulla si butta, come fosse un porco.
Ma il tempo ha da passarsi in altri impieghi
ed è così che quindi mi biforco
e con ristretto gruppo di colleghi
lavoro ad un progetto che famoso
sarebbe fossimo noi più strateghi
badate, non è nulla di corposo:
è una piccola applicazione
fatta nel tempo sottratto al riposo
il cui scopo è dare uno scossone
ad archivio di foto sito in rete
e usata esser può per presentazione.